PROTAGONISTI 7 Giugno 2016
Il coraggio di Pietro Raschitelli
Nel 1966 un promettente disegnatore si defila improvvisamente dalla scena del fumetto italiano…
Se scrivere fumetti è faticoso, disegnarli è proprio una faticaccia! A confronto di un manipolo di sceneggiatori che lasciano il campo per dedicarsi alla narrativa, c’è una quantità di ben lunga superiore di disegnatori che abbandonano la tavola disegnata per la tela dipinta.

Alla fine, dipingere non solo è più rilassante, ma dà maggior spazio alla propria creatività. Un pittore dipinge quello che vuole e quando vuole. Disegnare una tavola a fumetti, vuol dire essere sottoposti a regole ben precise: rispettare le indicazioni di una sceneggiatura, i tempi di consegna e sostenere dei ritmi produttivi che, spesso, vanno al di là delle normali ore lavorative. Di solito a questa decisione ci si arriva in età avanzata perché, a fronte della libertà espressiva, c’è però l’insicurezza di un mancato introito economico certo e regolare. Ci sono stati casi eclatanti di autori che si sono riproposti all’attenzione di un’ampia platea di estimatori dipingendo per esempio le proprie tavole a fumetti, come il mitico Carl Barks.
Altri hanno aspettato la pensione per potersi mettere stabilmente di fronte al cavalletto come Franco Chiletto e Mario Uggeri. Altri ancora hanno accettato una sfida programmata come quella di Sergio Tarquinio e di Giorgio De Gaspari o ancora Alvaro Mairani, per il quale la pittura era una tradizione di famiglia.
Ma ben pochi hanno deciso di chiudere con ripetitività e stressanti impegni quotidiani nel fiore degli anni e con una carriera professionale avviata a un sicuro successo. Nessuno, ci risultava finora, che avesse avuto il coraggio di farlo di fronte alla proposta di un editore che praticamente gli aveva offerto il classico assegno in bianco. Nessuno finché non ci siamo imbattuti nell’oggi ottuagenario Pietro Raschitelli, che nonostante l’offerta di Sergio Bonelli a continuare a disegnare Tex, nel 1966 ha avuto il coraggio di appendere i pennelli al chiodo e di dire basta con il mondo del fumetto.
Pietro Raschitelli dopo aver dato vita, su testi di Bruno Macchi, nel 1959 a Sceriffo Colt e a Rocky John entrambi pubblicati dall’Ardea di Bruno Lunini realizza sedici Albi dell’Intrepido e alcuni episodi di Rocky Rider per Il Monello (1962).
Lavora poi prevalentemente per il mercato francese dove disegna il bondiano Francis Coplan pubblicato da Artima. Alternando tavole a fumetti con illustrazioni di libri per ragazzi, nel 1965 approda alla Bonelli dove disegna tre albi a striscia di Tex, “La costa dei barbari”, “Battaglia al porto” e “Una dura lezione”. I volti dei personaggi, come sempre in quel periodo, sono rivisti da Aurelio Galleppini che disegna anche l’ultimo albo della storia “La fine di Kelly”.
Sembra l’inizio di una promettente carriera e di un lungo connubio editoriale. Ma così non è. Raschitelli sparisce e non lascia tracce di sé. Vane sono le ricerche. Con il passare degli anni in redazione ci si dimentica persino del suo nome di battesimo. Infatti, una sera del 1998 mentre con Sergio Bonelli cercavamo di ricordare il suo nome, non so come, lo chiamammo Gino e così lo indicai nella sua breve biografia per il volume “Tex un eroe per amico”, pubblicato da Federico Motta. Certo mai avremmo immaginato che il buon Pietro Raschitelli se ne stava comodamente seduto in poltrona ad ammirare le rilassanti acque del lago d’Iseo… Altrimenti noi, tra bozze e libri, saremmo morti di invidia. Anche se una fetta di fresca anguria ci aspettava di lì a poco al baracchino di piazzale Tripoli…
Gianni Bono
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