PROTAGONISTI 22 Ottobre 2015
Testimonianze - Gino Sansoni
Graziano Origa omaggia l'editore che l'ha scoperto e introdotto nel mondo del fumetto
Gino Sansoni è stato forse l'imprenditore più estroso dell'editoria popolare italiana: vulcanico, irruente, entusiasta, un uomo che diceva sempre di sì.
Lui, che per tutta la vita aveva cercato di sfondare pubblicando a getto continuo centinaia (!) di improbabili boom editoriali – con la sua casa editrice Astoria – per eventi misteriosi sposò Angela Giussani che invece, con una sola testata, Diabolik, raggiunse vertici a cui il marito non si era mai avvicinato, neanche con il doppione femminile in calzamaglia Zakimort.
Milanese, editore a 360 gradi, da tutti chiamato "Il Dottore", pubblicò dagli anni Quaranta fino ai Settanta. Da dire, che lui era un talent–scout, che apriva la porta a tutti gli artisti, ritenendoli a priori sempre geniali, fossero scrittori, disegnatori o poeti. In primis Pier Carpi e Alfredo Castelli. Gli edicolanti esponevano le sue testate quando lui regalava loro delle casse di arance. Adorava spedire personalmente le pubblicazioni ai lettori, anche “Pacchi Sorpresa” a sole mille lire, contenenti rese di ogni genere.
Mi ritengo una delle – certo insieme a tante altre – ultime scoperte del Dottore che, alla fine dei suoi splendori e miserie, nell'estate del 1972, mi scrisse a casa in Sardegna – di suo pugno col tono di un algido D'Annunzio o di un futurista Marinetti – subito dopo aver ricevuto delle mie tavole: «Sono lieto di annunciarle ufficialmente che il suo materiale verrà pubblicato su Horror; la aspettiamo in Lombardia, suo Gino Sansoni». E lo pubblicò veramente e io, come se la sua fosse una chiamata in guerra, nell'autunno dello stesso anno, ventenne beat, mi trasferii, destinato, a Milano.
Ad aspettarmi alla stazione centrale c’era Camillo Moscati, col quale collaboravo per corrispondenza – insieme al mio compaesano dolianovese Lorenzo Lepori – alla sua fanzine Ploff. Mi accompagnò nella casa comune gestita dal cartoonist underground Max Capa, che mi ospitò in una stanzetta tutta mia per 10 mila lire al mese, che però mi condonava perché lavoravo alla sua pubblicazione Puzz, stampata in eliografia.
In un mese preparai delle tavole orrorifiche lucidate da fotoromanzi, disegnate, macchiate, spruzzate, grattate, come dire alla Dino Battaglia, e col metrò scesi alla fermata di Cadorna, per raggiungere lì vicino gli uffici in via Mascheroni, di Gino Sansoni. Mi accolse con un urlo e le braccia larghe in manica di camicia. Basso, grassotello, un sigaro di legno appeso con delle cordicine intorno al collo come se fossero occhiali, esagitato e sempre in movimento dinamico perpetuo negli stanzoni della redazione, tanto da sembrare un papa in Vaticano. Prese tutto il materiale che avevo nella mia cartella, e mi fece dare, dal suo ragionier Ciapessoni, 10 mila lire.
Le volte successive – fossero testi o strisce – mi proponeva di pagare con la metà di tutto quello che aveva nel portafoglio; accettavo, sapendo che aprendolo, c'erano dentro due biglietti da 5 mila lire. Non mi rifiutava mai nulla perché lui non giudicava, così inventai pure, con sventato coraggio, rubriche e strips per la sua rivista Super Vip. Un giorno, dal suo prolifico grafico Brenno Fiumali (autore tra l'altro della copertina del primo numero di Diabolik), mi fece dare una pila di numeri spillati di Teddy Bob, che dovevo ritagliare e rimontare su tre strisce per farne un pocket.
Un Dottore vulcanico ed entusiasta che mi ha insegnato a tenere sempre la porta aperta e a rispondere sempre sì, piuttosto che no. Mi tornò buono quando poi altri ragazzi esordienti avrebbero scritto a me e ai quali io rispondevo subito, in giornata.
Graziano Origa