PROTAGONISTI  22 Ottobre 2015

Testimonianze - Il mistero di Zarcone

Il fantomatico “tedesco”, autore del n. 1 di Diabolik

Per lungo tempo non mi sono mai posto il problema di chi fosse il primo disegnatore di Diabolik. All’epoca – parliamo di metà anni Sessanta – vivevo a Genova e scoprii il Re del Terrore solo dal terzo numero, disegnato da Gino Marchesi, in un’edicola di via Giovanni Torti, di fronte al cinema Eden (oggi c’è un supermercato, sob!).

Testimonianze - Il mistero di Zarcone

I precedenti due albi nella loro versione originale li vidi solo svariati mesi dopo. Anche perché le Giussani, non contente del risultato grafico di quei due numeri, all’atto della ristampa dei primi diciassette, li avevano fatti ridisegnare da Gino Marchesi e, come scroprii anni dopo, da Aulo Brazzoduro. Quindi all'epoca per me, come per molti altri, Marchesi e il bravissimo Enzo Facciolo erano i soli disegnatori di Diabolik.
Dovete sapere che di fronte a casa mia c’erano gli uffici editoriali di Giovanni De Leo e che suo figlio maggiore faceva il tragitto con me in autobus di ritorno da scuola. Il padre, venuto a conoscenza della mia passione per i fumetti, mi prese in simpatia e iniziò a raccontarmi, giorno dopo giorno, la romanzata storia della sua vita e delle persone con cui aveva lavorato: Gian Luigi Bonelli, Rino Albertarelli, Antonio Canale, Angelo Saccarello, Renzo Barbieri, Gallieno Ferri, Pierre Mouchott…

Un sabato mattina, vedendomi uscire di casa, mi chiamò e mi disse: «Ho comprato le rese di una nuova pubblicazione che ha venduto poco e niente. Sono su quel camion. Prendi quelle che vuoi.» Dentro c’erano diecimila copie del primo numero di Diabolik. Per educazione, purtroppo, ne presi solo una. Anzi, arrivato a casa, mi ricordo che l’aprii e subito la richiusi. I disegni erano orrendi (agli occhi di un ragazzo di 13 anni affascinato da Raymond e Foster… Si pensi che anche a 17 ho detto a Pratt che le sue tavole della Ballata non mi piacevano… Orrore!).
Volevo riportargliela indietro, ma per fortuna non lo feci. Per me il disegnatore di quel primo numero era Brenno Fiumali, che aveva firmato la copertina. E così scrissi a matita il suo nome nella prima pagina, come feci in quella di alcuni numeri di “Alboromanzo Vamp”, dove avevo individuato lo stesso stile di disegno. La copia rimase a lungo in una scatola. Finché, un giorno, fu raggiunta dal secondo numero, che mi aveva regalato Angela Giussani, dicendomi che lo aveva fatto disegnare da una amica modista, Calissa Giacobini che si firmava Kalissa.

Nel 1974, quando il vulcanico Lodovico Bevilacqua, direttore generale della Dardo, mandò in stampa il volumone rosso di Diabolik, Angela volle che io stilassi la prima cronologia della testata. In quell’occasione il numero d’esordio della collana non fu attribuito a Brenno, perché nel frattempo era emersa la misteriosa figura de “Il tedesco”, autore del n. 1. Era costui un disegnatore italiano, trentenne, di carnagione chiara, che veniva in redazione accompagnato da un bambino biondo, avuto dalla relazione con una donna tedesca. Nessuno si ricordava il suo nome. Solo il soprannome, “Il tedesco”. Sembra che vivesse in una pensione e che consegnasse le pagine sempre in ritardo. Brenno Fiumali e altri affermavano che il dottor Sansoni e Pier Carpi gli facevano addirittura la posta sotto la pensione per costringerlo a lavorare. Quanto detto corrisponde certamente al vero. Ma i due non lo aspettavano per le tavole di Diabolik – alla cui realizzazione Gino Sansoni era totalmente estraneo – ma per quelle di Alboromanzo Vamp. Tutto questo è quanto si sapeva del misterioso “tedesco”. Oltre al fatto che, dopo quella prima esperienza con le Giussani e con Sansoni, aveva fatto perdere definitivamente ogni sua traccia.
Nel 1992, quando Paolo Ferriani e Franco Spiritelli pubblicarono il primo tomo di Grandi Eroi, dedicato a Diabolik, anche “Il tedesco” ebbe un nome: Zarcone. In un primo momento, lo confesso, pensai che Luciana, stremata dalle insistenze di Paolo, si fosse inventata un nome a caso. Magari quello del suo macellaio…

Andai in Astorina e chiesi a Brenno: «Ma tu l’hai mai incontrato Zarcone?»

Nel 2005, per allestire le nuove teche espositive del Muf [il Museo del Fumetto di Lucca, N.d.R.], Mario Gomboli mi affidò le tavole originali del primo numero di Diabolik (sia quelle di Zarcone sia quelle di Marchesi) e mentre sfogliavo le prime, mi venne voglia di saperne di più sul misterioso “tedesco”. Decisi quindi di fare la cosa più semplice del mondo. Andai in Astorina e chiesi a Brenno: «Ma tu l’hai mai incontrato Zarcone?» «Certo» mi rispose candidamente. «E sapresti farmi un ritratto?» Senza rispondere, Brenno abbandonò il pennello con il quale stava inchiostrando una tavola del Re del Terrore, prese la matita e iniziò a disegnare.

In pochi secondi si materializzò sotto i miei occhi il volto di un uomo avvolto nel mistero per quarantatré anni. Emozionatissimo uscii dall’ufficio di via Boccaccio, ancora incerto su cosa avrei fatto con quello schizzo a matita. Il giorno dopo, forse non contento del risultato, Brenno mi mandò un secondo ritratto di Zarcone, questa volta ripassato a china. L’uomo era decisamente più giovane e un po’ più diaboliko. Purtroppo, per una serie di motivi, quei due bozzetti non sono mai usciti dal cassetto della mia scrivania. E solo ora sono in grado di mostrarveli. Ma c’è di più.

Anni fa, su Wikipedia, comparve un’affermazione a dir poco curiosa. Vi si diceva che, sul primo numero de «Il Grande Diabolik», Alfredo Castelli avrebbe affermato: «Diabolik fu disegnato per la prima volta da Francesco Zarcone, di Bagheria, chiamato “il tedesco”, perché sposò una tedesca. Aveva una macelleria a Bagheria (PA), insieme al fratello Paolo Zarcone, che vendette per trasferirsi con la sua famiglia a Busto Arsizio». Niente di più falso, come ho potuto verificare di persona parlando con i diretti interessati.
Tante volte ho sentito persone che dicevano di sapere dove viveva Zarcone. Ma il misterioso disegnatore ha deciso di non farsi trovare. E io rispetto la sua scelta. Sperando che Angelo Zarcone non si offenda se sveliamo il suo nome e, grazie a Brenno, mostriamo due ipotesi del suo misterioso volto.

Gianni Bono

Testo redatto per il volume Diabolik - I numeri 1, Nicola Pesce Editore, 2015



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