FUMETTO! 150 ANNI 9 Ottobre 2015
I protagonisti: Luciano Pedrocchi
L’inventore del fotoromanzo
Nato a Milano il 16 settembre 1914, fratello del grande Federico, Luciano Pedrocchi è l’uomo cui va attribuita l’invenzione di un nuovo linguaggio, quello del fotoromanzo, una forma d’espressione strettamente imparentata con il fumetto.
Nel 1947, infatti, lancia per Mondadori il settimanale bolero film, un prodotto editoriale nuovo che intuisce il formidabile potenziale di un genere basato sull’intreccio fra cinema e letteratura disegnata, fondato sull’immediata riconoscibilità dei volti dei protagonisti-attori e in grado di creare un “divismo” per certi versi autonomo da quello del grande schermo, ma altrettanto trascinante. Con bolero film, prodotto “povero”, Mondadori consolida il suo impero ed esporta il modello di Pedrocchi in tutto il mondo, con una pletora di imitazioni e adattamenti.
Ma Luciano Pedrocchi è comunque un grande “fumettaro”, collaboratore del fratello Federico e continuatore della sua seminale opera. Nel 1942 inizia a lavorare alla Alpe Edizioni. Dalla stretta complicità fra i fratelli, nascono i personaggi di Cucciolo e Saetta (creati da Federico con lo pseudonimo di Antonio Carozzi) e Volpe (creato dallo stesso Luciano), di cui resta degna di nota la lunga avventura “Il fiore inaccessibile”, disegnata da Enrico Bagnoli.
Nel momento in cui Federico Pedrocchi entra in crisi con Mondadori, in piena guerra, è Luciano a farlo assumere a condizioni vantaggiose alla Editrice Carroccio dei fratelli Boschi. Il 12 febbraio 1945, alla morte di Federico, ne diviene Direttore Editoriale. Ma è per Il Carro, marchio editoriale di sua proprietà, che Luciano Pedrocchi realizza le sue opere più importanti e innovative. Suo è il progetto (e i testi di quasi tutte le storie) di Dinamite, settimanale di grandissimo formato che esce nel settembre del 1945 e a cui collaborano protagonisti del fumetto come Antonio Canale, Walter Molino e Rino Albertarelli. Purtroppo di Dinamite escono solo 12 numeri e l’attività editoriale di Luciano Pedrocchi prosegue con alterne fortune, finché non finisce per trovarsi quasi in miseria.
"Pedrocchi ha un'idea: realizzare storie attraverso sequenze di fotografie."
Ha però in serbo un’idea: realizzare storie con veri attori, in sequenze di fotografie invece che di vignette disegnate. La propone ad Arnoldo Mondadori che la approva. Mentre Pedrocchi cura con coraggio ed entusiasmo il suo innovativo progetto editoriale, preparandone il lancio, la notizia giunge a Giorgio Camis De Fonseca – titolare della editrice Novissima di Roma – che a sua volta allestisce in fretta e furia una analoga iniziativa e l’8 maggio 1947 riesce ad andare in edicola con la rivista Il mio sogno (che poi diventerà semplicemente Sogno) anticipando di una quindicina di giorni l’esordio di bolero film. La sfida però premia nettamente la testata mondadoriana, che raggiunge in pochi anni le 900.000 copie di diffusione, mentre la concorrente non riuscirà mai a superare la metà di quella cifra. Risulta chiaro come l’impegno profuso da Pedrocchi non sia solo volto a ottenere un buon riscontro commerciale, ma anche a contribuire al processo di alfabetizzazione di un pubblico che affolla i cinema ma spesso non sa leggere né scrivere.
Sull’onda di questo successo, Luciano Pedrocchi fonda varie altre testate. Nel 1949 nasce avventuroso film, un “bolero per ragazzi” con fotoromanzi d’avventura, molti dei quali realizzati dal futuro regista cinematografico Damiano Damiani. I pur buoni risultati ottenuti non appaiono tuttavia abbastanza soddisfacenti e, nel 1952, l’avventuroso viene trasformato in le grandi firme, “settimanale di grandi fotoromanzi e attualità”, sul quale appaiono riduzioni assai curate di classici della letteratura: I promessi sposi, I miserabili, Il marchese di Roccaverdina, tanto per citarne alcuni. Altri tre anni e nel 1956 anche questo periodico cessa di uscire. Le sue 300.000 copie di diffusione, vengono ancora una volta giudicate insufficienti (!) da una casa editrice ormai “viziata” dalle tirature quasi milionarie di bolero.
Negli anni Sessanta, Luciano Pedrocchi sa cogliere al volo i cambiamenti epocali della società italiana e tradurli in immagini: bolero, pur continuando la produzione di storie popolari, apre a temi di rilevanza sociale come il divorzio, l’emigrazione interna, il flusso di mano d’opera dal lavoro agricolo verso le fabbriche. Intanto il settimanale amplia l’informazione sul mondo dello spettacolo (musica leggera, cinema, TV) diventando una testata di riferimento soprattutto per quanto riguarda il piccolo schermo.
Nel 1975 si dimette dalla Mondadori, come riflesso delle vicende che in quel periodo vedono una forte contrapposizione fra la famiglia Mondadori e altri azionisti.
Il 4 febbraio 1995, Luciano Pedrocchi muore, a Milano.
Il suo nome rimane soprattutto legato all’invenzione del fotoromanzo. Che, comunque la si voglia giudicare, resta – come giustamente rilevato da Leonardo Gori – “una intuizione che ha portato la lettura a vastissimi strati di popolazione che, in precedenza, viveva ai limiti dell’analfabetismo. Il fotoromanzo avrebbe potuto, magari, superare il fondamentale gradino che lo ha sempre separato dalla piena dignità artistica, veicolando forme e contenuti ‘d’autore’ (e abbiamo visto come Luciano Pedrocchi ci abbia almeno provato). Purtroppo, il termine ‘fotoromanzo’ è rimasto invece sempre legato all’idea di letteratura deteriore, mentre il fumetto disegnato è stato accettato pienamente come forma d’arte. Ma questo nulla toglie alla geniale intuizione di Luciano Pedrocchi, inventore di una formula fortunatissima e fra le più imitate nella storia dell’editoria”.
Carlo e Federico Pedrocchi
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