EDICOLA & DINTORNI 22 Marzo 2016
Risate maliziose
Nino Cannata, che ha appena doppiato la boa dei cinquant'anni di attività giornalistica, ricorda l'era dei periodici "eroticomici"
A cavallo degli anni Settanta fiorirono le testate che mescolavano barzellette, erotismo e fumetto. La regia era affidata a pochi umoristi veri e a tanti sprovveduti e improvvisati, che si erano messi in testa di far ridere gli italiani.
Nino Cannata, catanese classe 1929, è un giornalista e sceneggiatore che ha vissuto da protagonista l’epoca del fumetto popolare in molte delle sue sfumature: avventuroso, nero, erotico. Ha creato personaggi come Sadik e diretto testate umoristiche come Il Travaso. A lui si affida la Mondadori a metà degli anni Settanta per dirigere il settimanale contenitore Audax, tentativo di emulare il successo di testate come Intrepido. A marzo 2016 l'Ordine dei Giornalisti di Milano lo premia come tradizionalmente accade ai professionisti che tagliano il traguardo dei 50 anni di carriera giornalistica. Cogliamo l'occasione di partecipare ai festeggiamenti proponendo qui un gustoso pezzo che scrisse per If immagini e fumetti nel 1998 a proposito del periodo editoriale a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.
In quegli anni si afferma con un successo istantaneo una formula editoriale che mescola la satira tradizionale, l’umorismo puro e le tendenze "boccaccesche" sdoganate dalla contemporanea apparizione dei fumetti ‟per adulti”. Cannata c’era e ce l’ha raccontata così:
Già nel lontano 1951, quando la Vespa era un sogno che potevano permettersi soltanto i figli di papà, i fumetti, a spallate, s’erano conquistati un notevole spazio e cominciavano a diventare fenomeno di costume. Da cinque anni usciva Grand Hotel, con un successo clamoroso che aveva sbalordito tutti, compresi gli editori. Guglielmo Guasta, direttore del Travaso, che durante il fascismo s'era adattato a disegnare tavole per il Corriere dei Piccoli sotto falso nome, decise che era il caso di occuparsi dei fumetti e mise insieme un numero del Travasissimo, il supplemento mensile del Travaso dedicato, appunto, ai fumetti. Ovviamente, i fumetti visti da un’angolatura umoristica. Su quel fascicolo, fra le altre cose, apparve Mistero frenetico, testi di Guasta e disegni di Isidori: una presa in giro dei fumettoni di Grand Hotel i cui testi spesso erano dovuti a Luciana Peverelli, prolifica scrittrice, autrice, fra l’altro, del famosissimo Cuore garibaldino e notissima per essere in grado di scrivere contemporaneamente quattro (o più) romanzi a puntate. Solo raramente le capitava di fare confusione con i personaggi: a un redattore di Grand Hotel capitò un giorno di trovarsi in una puntata di romanzo un personaggio mai apparso prima e che con quel romanzo non c’entrava per niente: il problema si risolse con una telefonata alla Peverelli. Dopo quella strana incursione travasesca, i fumetti vissero una felice stagione anonima, salvo i periodici attacchi che ogni tanto qualche giornalista a corto di idee lanciava in improbabili e poco informate inchieste.
Diciotto anni dopo, e precisamente nel dicembre del 1969, uscì a Milano un periodico di vignette e barzellette piuttosto spinte, La Mezzora. Titolo misterioso ai più, ma che nelle intenzioni dell’editore doveva essere molto allusivo e dare un’idea precisa del contenuto. La mezz’ora del titolo, infatti, si riferiva alla “mezz’ora” delle case di tolleranza, ormai chiuse da qualche decennio. La pubblicazione ebbe un successo clamoroso, perché per la prima volta un giornale pubblicava barzellette che prima si raccontavano soltanto nelle sale da barba.
Subito vi si buttarono a pesce molti altri, e così uscirono altre quattro o cinque pubblicazioni che sfruttavano il filone. Una di queste, Solletico, si buttò anche sui fumetti, pubblicandone uno di fattura americana, molto ben fatto, a dire il vero, ma poco gradito ai lettori [Pussycat disegnata da Jim Mooney n.d.r.]; lettori che scarseggiavano, con grande dispiacere dell’editore e dell’unico redattore che si occupava della pubblicazione: con cura, scegliendo attentamente le migliori vignette e le barzellette più divertenti. Niente da fare: i lettori rimanevano latitanti. Fin tanto che al redattore non venne un’idea. Il garzone del bar vicino alla redazione era un accanito lettore di quel tipo di riviste; il redattore decise di sottoporgli settimanalmente vignette e barzellette, raccomandandogli di mettere in una cartella quelle che lo avevano fatto ridere. Ebbene, da quella settimana il Solletico cominciò a vendere: le vignette e le barzellette scelte dal garzone del bar erano veramente demenziali e avevano tutte la caratteristica di essere semplicemente volgari. Non spiritose, semplicemente volgari.
Visto il notevole successo di queste volgarissime e per niente spiritose riviste, fatte con pochi mezzi, stampate su cartaccia, senza colore salvo la copertina, a qualcuno venne l’idea di sfruttare il filone; ma con una rivista in rotocalco, con i colori e bei disegni. Ed ecco che una bella mattina di ottobre del 1971 le edicole vennero invase dallo spregiudicato Menelik, il settimanale eroticomico. Nel suo genere, ben fatto. Trentadue pagine in rotocalco, a colori e collaboratori di un certo livello, soprattutto fra i disegnatori; da segnalare Gospel (Floriano Bozzi) e l’insuperabile Guido Buzzelli. Menelik, fin dal primo numero, pubblicò il fumetto Bemarda, disegnato a tempera da Floriano Bozzi su testi di un non meglio identificato Lan’y Stoddard, e il fotoromanzo sedicente comico Supersex.
Il 22 novembre dello stesso anno, a meno di un mese dall’uscita di Menelik, ecco spuntare il settimanale La Battuta, che ricalca lo schema del primo: uguale nel formato, nella stampa, insomma la stessa formula, salvo il piccolo particolare che La Battuta non aveva i collaboratori del capostipite. C’è da segnalare che nel primo numero di questo settimanale apparvero anche due vignette firmate Claus, che era poi Claudia Cossio, la giovane figlia del notissimo Vittorio Cossio, disegnatore di Furio (un epigono di Fulmine) e di Raff pugno d’acciaio (apparso nel settimanale Giramondo); anche La Battuta tentò la strada del fumetto, pubblicandone un paio. Che non hanno lasciato traccia.
Ed ecco che un terzo editore mette alla frusta i suoi collaboratori più stretti e sette mesi dopo riesce a dare alla luce il terzo settimanale erotico umoristico, intitolato, chissà perché, La Giraffa. Copertina di Ferdinando Carcupino, vignette di Giancarlo Mangini (El Cubano) e altri anonimi oltre ai soliti americani, e (poteva mancare?) un bel fotoromanzo assolutamente idiota.
Forse ci si accorse che i fumetti (e anche i fotoromanzi) non si potevano fare con l’improvvisazione, e ci si accorse anche che l’umorismo non era una faccenda per sprovveduti. E i fumetti tirarono un sospiro di sollievo.
Quando ci misi lo zampino
Il sottoscritto e il solito Francesco Paolo Conte stavano, come al solito, pensando di fare un giornale. Come al solito eravamo con una ventina di anni in anticipo. Pensavamo, nella nostra incoscienza, che fosse arrivato il momento di propinare agli italiani un settimanale satirico-umoristico orientato a sinistra. E poiché da molti anni non c’era alcun settimanale umoristico, avevamo anche difficoltà a trovare i collaboratori. Tuttavia, riuscimmo a metterne insieme alcuni e una mattina della fine di gennaio uscì il nostro II Travaso.
Una nevicata provvide a distruggere la quasi totalità delle locandine del Nord Italia. Sarebbe stato un successo se il giornale fosse uscito nel 1992, perché nel 1972, invece, i nostri lettori o non erano nati o erano troppo piccoli e furono allevati per leggere prima Il Male e poi Cuore.
Fummo, probabilmente, i primi a pubblicare un fumetto satirico: Il bacherozzo dalle zampe insanguinate. A quel tempo andavano di moda i film tipo L’uccello dalle piume di cristallo e via animaleggiando. Pochi osavano prendere in giro la TV. I politici si prendevano troppo sul serio, più o meno come oggi. Noi ce la prendemmo, in quel fumetto, con i film sanguinolenti, con la TV e anche con i politici. Ma lievemente. Per fare qualche sghignazzata. E per farla fare. Il fumetto (testo del sottoscritto, disegni di Beniamino Bodini) ebbe un successo clamoroso nel mio condominio e ci procurò alcune lettere di plauso da parte di lettori prezzolati dalla nostra amministrazione.
Scherzi a parte, con II Travaso (che poi diventò II dito nell’Occhio) e il fumetto ci divertimmo un sacco. Potevamo farlo per alcuni semplicissimi motivi: non avevamo un editore; non pensavamo di lavorare per la TV, non avevamo alcuna pretesa di buttarci in politica. Tuttavia, col passare degli anni, ci siamo accorti che il giornale non è passato del tutto inosservato, e che molti lo consultano ancora oggi.
Ogni tanto, infatti, vediamo che qualcuno attinge per fare qualcosa di “suo”. Che volete farci? È anche capitato che un autore cinematografico molto noto abbia copiato pari pari un mio racconto e ne abbia fatto un film di successo. Il racconto è mio, ma il successo è suo. Ma questa, cari amici, è un’altra storia.
Nino Cannata
Potete vedere Nino Cannata raccontare un aneddoto sulle riunioni di redazione all'Intrepido negli anni Sessanta clliccando QUI