EDICOLA & DINTORNI  14 Ottobre 2015

La stagione felice del Cartoccino dei Piccoli

Un periodico originale, ricco di proposte didattico-ricreative

Tra le numerose pubblicazioni periodiche di epoca fascista destinate all’infanzia, un caso particolarmente degno di interesse è costituito dal Cartoccino dei Piccoli, pubblicato dalla fine del 1929 con periodicità quindicinale e dal 1931 al 1936 con cadenza settimanale, per un totale di numeri distribuiti su otto annate che supera le trecento unità.

La stagione felice del <i>Cartoccino dei Piccoli</i>

Al di là della generica influenza esercitata da un modello che risaliva al Corriere dei Piccoli (1908) – riscontrabile nel titolo della testata e nella sostanziale riproposizione della fortunata formula delle storie umoristiche a vignette accompagnate da didascalie in rima –, fin dalla sua prima uscita la rivista si distinse all’interno del panorama editoriale dell’epoca per una serie di elementi innovativi.

Il Cartoccino, anzitutto, si rivolgeva a un pubblico di bambini giovanissimi, di età prescolare o ai primi anni di scuola, e almeno nelle stagioni iniziali – salvo rare eccezioni – rifiutava di proporre una schiera fissa di personaggi, optando piuttosto per una ricorsività tematica fondata su alcuni motivi elementari e accattivanti, come i frequentissimi topoi del vizio punito e della virtù premiata. La stessa veste grafica del giornale mostrava evidenti caratteri di originalità nell’adozione di grandi tavole a colori e schemi di tre o quattro vignette per pagina, semplificati rispetto al modello classico del Corrierino e spesso accompagnati ai margini da graziosi disegni decorativi di volta in volta personalizzati.

La novità più significativa era comunque di tipo contenutistico, e riguardava la notevole varietà di proposte didattico-ricreative offerte ai piccoli lettori in aggiunta all’usuale complesso di racconti e storie a vignette, tra le quali si annoveravano costruzioni da ritagliare, pagine istruttive, figure da colorare, concorsi e giochi a premi.

La rivista si presentava come una sorta di giornale-giocattolo e affondava le sue radici nell’attività dell’editrice Cartoccino, diretta da Ettore Boschi.

Il progetto affondava le sue radici nell’attività dell’editrice Cartoccino[1] diretta da Ettore Boschi, attiva a Monza fin dal 1926 e specializzatasi nella pubblicazione di un gran numero di materiali destinati alla più tenera infanzia che coniugavano finalità educative, istruttive e ricreative. Il vasto catalogo dell’editrice comprendeva volumetti illustrati, quaderni con copertine a colori, alfabeti, giochi da tavolo e soprattutto cartoncini da ritagliare e montare senza uso di colla per ottenere modellini in miniatura di edifici, mezzi di trasporto e quant’altro, in obbedienza a un programma editoriale imperniato su una fervida attività manifatturiera e su una costante attenzione riservata alla materialità del prodotto cartaceo e alle sue possibili modalità di fruizione manuale da parte del bambino.

Il proposito di estendere questo tipo di programma editoriale a una pubblicazione periodica a diffusione nazionale si concretizzò nel giro di pochi anni, il 25 dicembre 1929, con l’uscita del primo numero del Cartoccino dei Piccoli (cui si aggiunse l’anno seguente il supplemento Viaggi e Avventure di Cielo, di Terra, di Mare).
La rivista si presentava ai suoi piccoli lettori come una sorta di giornale-giocattolo, con inserti che invitavano a essere ritagliati, colorati e manipolati e nel loro insieme sollecitavano un’inedita dinamica di interazione coi lettori, non più deputata alla singola pagina della corrispondenza (come nel caso del Corriere dei Piccoli o del Balilla) ma sviluppata ad ampio raggio su un ventaglio di rubriche differenziate.

La “Pagina della costruzione” – tra le sezioni più popolari della rivista – ospitava ad esempio forme sempre diverse da ritagliare secondo le istruzioni e da montare per ottenere dei modellini; la “Pagina del ricamo”, rivolta alle “piccole ricamatrici”, impartiva loro i rudimenti del mestiere con esempi di lavoretti da svolgere in autonomia, mentre la “Pagina dei concorsi per gli alunni” era destinata agli aspiranti pittori e disegnatori, chiamati a colorare delle vignette e a elaborare disegni a partire da uno spunto tematico. Un’altra rubrica a concorso, il cosiddetto “Tema quindicinale”, invitava a tradurre in testi una sequenza di immagini, stimolando la creatività dei bambini e permettendo loro di cimentarsi in un ruolo autoriale. Il premio: un pacco di pubblicazioni dell’editore Cartoccino, per un valore complessivo di 10 lire.

Tra le personalità di spicco ci furono i “veterani” Rubino, Mussino e Moroni-Celsi, ma anche giovani come Albertarelli, Pagotto e i fratelli Cossio.

Il protagonista principale di questa iniziativa fu Ettore Boschi, direttore dell’editrice Cartoccino e del Cartoccino dei Piccoli (fino al 1933) nato a Moneglia, in provincia di Genova, nel 1874. Dopo aver intrapreso la carriera politica e militare (nel partito socialista prima, quindi in quello fascista), Boschi fu autore di numerosi libri per bambini firmati con lo pseudonimo Nonno Ebe e pubblicati dal 1926 fino agli anni ’40.

Altre personalità di spicco che parteciparono al giornalino furono tre illustratori “veterani” che nei decenni precedenti avevano collaborato col Corriere dei Piccoli specializzandosi nella realizzazione di storie a vignette: Antonio Rubino (attivo nelle prime due annate), Attilio Mussino e Guido Moroni-Celsi. Tra i vignettisti, del resto, non mancavano giovani alle prime esperienze lavorative che nel giro di pochi anni avrebbero dimostrato il loro talento: è il caso di Rino Albertarelli, ventunenne all’uscita del primo numero della rivista che nel 1933 subentrerà a Ettore Boschi nel ruolo di direttore responsabile, oppure di Nino Pagotto (Pagot) e dei fratelli Carlo e Vittorio Cossio, che nello stesso periodo muovevano i primi passi nell’ambito del cinema di animazione.

In brevissimo tempo, insomma, il giornalino divenne davvero “una vivace palestra ove debutta[ro]no, si roda[ro]no o si afferma[ro]no definitivamente, numerosi narratori grafici”, come scrisse Claudio Bertieri.[2] Vivacità che del resto non riguardava soltanto la compresenza di autori già affermati al fianco di giovani esordienti, ma anche l’eterogeneità dei loro percorsi artistici e la duttilità che molti di essi dimostravano nel confrontarsi con una produzione destinata all’infanzia. Gli esempi da portare in questo senso sono numerosi: da Antonio Maria Nardi, pittore e illustratore (oltre che vignettista) estremamente prolifico, a Ugo Galetti, che alla principale attività pittorica accompagnò l’illustrazione di libri per l’infanzia nonché di un gran numero di copertine del Cartoccino, padroneggiando con disinvoltura uno stile grazioso e tondeggiante à la Mabel Lucie Attwell; da Enrico Castello (Chin), pittore futurista che operò nel campo dell’aeropittura e creò le sue prime storie a vignette sul Corriere dei Piccoli, al giovane pittore monzese Giacinto Galbiati e al pubblicitario triestino Gustavo Petronio.

Collaborarono alla rivista anche Vanni Pucci, favolista e poeta eclettico, e Elsa Morante, una delle più grandi scrittrici italiane del secolo.

Tra le personalità più eclettiche è da ricordare anche il nome di Vanni Pucci, scrittore e illustratore che nel corso di una lunga carriera fu favolista, poeta lirico e satirico, romanziere e drammaturgo, e che per il Cartoccino firmò diverse storie a vignette improntate al gusto del nonsense e alla suggestione di simpatici giochi linguistici. Un’altra scrittrice che collaborò alla rivista, e che nei decenni seguenti si sarebbe affermata come una delle voci più significative della letteratura italiana del secolo, fu Elsa Morante. Poco più che ventenne, pubblicò su alcune riviste per bambini, tra cui il Corriere dei Piccoli e appunto il Cartoccino, i suoi primi raccontini di ispirazione fiabesca: testimonianza preziosa di un’identità d’autore ancora in via di formazione, ma già avviata su un percorso di rapida crescita.[3]

Tra i personaggi più longevi si distinse il bizzarro Zibillino di Carlo Cossio, che farà anche il suo debutto nel cinema di animazione.

Quanto ai principali personaggi delle storie a vignette apparse sulle pagine del giornalino, il primo in ordine cronologico a comparire per una manciata di puntate fu Italino di Ugo Galetti, ennesima incarnazione della figura del fanciullo balilla già ampiamente sfruttata altrove e che nel caso specifico si presta a pubblicizzare la carne in scatola Simmenthal. Posta la generale preferenza accordate nelle prime annate alle storielle autoconclusive, alcune eccezioni – accomunate sempre dalla scelta di eroi “a misura di bambino”, come segnala l’immancabile diminutivo – furono firmate da Enrico Castello alias Chin (Giacintino e Crapottino), da Attilio Mussino (Morettino e il buon scimmione), e da Guido Moroni-Celsi (Gelsomino).

Rientra in questa combriccola, ma avrà vita ben più lunga dei suoi compagni, lo Zibillino di Carlo Cossio, bizzarro bimbo in bianco e nero dall’aspetto di gnomo risolto in una stilizzazione grafica che ricorda da vicino tanti personaggi dei cartoons statunitensi.[4] Apparso per la prima volta nel 1931 in una serie di disavventure costantemente incentrate sulla sua ostinata e vana ricerca di cibo, nel 1934 sarebbe stato ancora tra i più riconoscibili personaggi della testata, addirittura nei panni di “divo del cinema”. Nel frattempo, d’altronde, Zibillino aveva realmente debuttato in un cortometraggio prodotto dai fratelli Cossio, intitolato Zibillo e lOrso (1932) e oggi ritenuto a ragione una pietra miliare del cinema di animazione italiano.

Un diverso tipo di umorismo, fondato sul motivo comico della coppia strampalata di personaggi, comparve invece in due delle primissime serie di storie a vignette create da Rino Albertarelli, entrambe apparse nel 1933: Le allegre avventure di Turlutù e Maccabù (che mette in scena i burleschi e rocamboleschi viaggi di due negretti in giro per l’Italia) e Titiro Titino e Trimuglio Panzella (dove la classica coppia di “opposti” si presta ad un tipo di comicità di stampo slapstick). Lo stesso Albertarelli, nel 1934, si cimentò anche col genere avventuroso in Ivan lintrepido, serie a vignette con didascalie in prosa che attesta la volontà della rivista di espandere i propri orizzonti di pubblico aldilà degli scolari delle classi inferiori.

Nelle ultime annate fiorirono le storie a vignette incentrate su personaggi ricorrenti,
spesso concepiti come grottesche caricature del mondo degli adulti.

Nelle ultime annate del giornalino si assisté da un lato al fiorire di proposte di lettura adatte a scolari più grandi (come la pubblicazione a puntate di Mowgli, il figlio della giungla di Rudyard Kipling, nella traduzione di Gian Dàuli), dall’altro al proliferare di storie a vignette incentrate su personaggi ricorrenti, molti dei quali concepiti come grottesche caricature del mondo degli adulti. Rientrano in questa tendenza la macchietta borghese, fifona e allarmista creata da Roberto Sgrilli (Sor Erasmo de Spaghetto), e il pingue signorotto incapace di perdere peso di Gustavo Petronio (Sor Pacifico Barzotto).

Tra le serie incentrate su protagonisti infantili, la principale novità riguardava invece la pubblicazione della striscia Just Kids dello statunitense Ad Carter, nota in Italia come Annibale e proposta sul Cartoccino attraverso le avventure di due personaggi, Momoletto e Ravanello: caso isolato, ma non esclusivo, di utilizzo di characters stranieri nella storia della rivista, preceduto dalla fugace apparizione di Charlot in una storia di Gaetano Vitelli, dai vari “Topolini” disegnati da artisti italiani sulla falsariga del Mickey Mouse disneyano e soprattutto dal Felix the Cat italianizzato in Mio Mao in alcune vignette pubblicitarie del purgante Euchessina, della polvere da tavola Salitina e del ricostituente Pedargina.

Gli ultimi sviluppi del Cartoccino furono legati al proposito di reinventare
la rivista in funzione delle nuove attese del pubblico.

Per quanto riguarda gli ultimi sviluppi del Cartoccino, essi furono senz’altro legati al proposito di reinventare la rivista in funzione di un pubblico di bambini e ragazzi di età maggiore rispetto ai suoi destinatari della prima ora, come testimonia la pubblicazione di storie a puntate, la modifica complessiva della grafica della testata (resa più sobria e meno infantile dall’ottobre del 1935) e la più frequente – ma non esclusiva – adozione di tematiche avventurose e belliche nelle storie a vignette e nei disegni di copertina.

In questo modo, negli anni in cui il fumetto di avventura cominciava a spopolare in Italia, Albertarelli cercò per quanto possibile di adeguare il giornalino allo spirito dell’epoca, consapevole che per rispondere alle nuove attese del pubblico si rendeva necessario che il Cartoccino “crescesse” assieme a quelli che erano stati i suoi lettori. Il tentativo tramontò nel giugno del 1936, quando il giornale cessò la sua pubblicazione. Il rapporto tra Albertarelli e i suoi giovani lettori, in ogni caso, si sarebbe rinnovato a breve, a partire dalle pagine di Argentovivo! e dell’Audace.[5]

Matteo Maculotti curatore di bambinietopi.it

 


[1] Casa editrice attiva a Monza dal 1926 al 1932 sotto la direzione di Ettore Boschi. Dal 1933 le subentrò la casa editrice Carroccio di Gino (Luigi) e Renzo (Lorenzo) Boschi, figli di Ettore, con sede a Milano, che proseguì le sue pubblicazioni fino al 1949 e negli anni ’50 diventò editrice Boschi.

[2] C. Bertieri, Lesperienza del «Cartoccino dei Piccoli», in Id., Fiabe a quadretti 1908-1945, Roma, Comic Art, 1989, pp. 65-66.

[3] Molti dei primi raccontini di Elsa Morante sono stati raccolti in: E. Morante, Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina e altre storie, a cura di G. Pontremoli, Trieste, Einaudi ragazzi, 1995. Quasi tutti i raccontini pubblicati su periodici, digitalizzati, sono visionabili in rete nel sito Le stanze di Elsa (consultato il 6/10/2015).

[4] Cfr. C. Bertieri, Lesperienza del «Cartoccino dei Piccoli», cit., p. 66.

[5] Sulla carriera di Rino Albertarelli, cfr. la monografia Rino Albertarelli. Maestria e versatilità di un talento innato, a cura di S. Costa, P. Gallinari, L. Marcianò e L. Tamagnini, Reggio Emilia, ANAFI, 2015. A proposito della sua esperienza nel Cartoccino dei Piccoli, cfr. nel medesimo volume il saggio di Luciano Tamagnini, Un Cartoccino come palestra.



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